“She” di Saburo Teshigawara, sospeso tra avanguardia e lirismo, commuove e conquista la platea
Lo sguardo di chi osserva, non ha possibilità di distrarsi dal corpo di Rihoko Sato mentre danza il magnifico assolo She (13, 14 ottobre-Triennale Teatro dell’Arte a Milano), diretta dal geniale Saburo Teshigawara che, per lei, ha creato un pezzo magnifico, toccante, di grande profondità interiore. Fin dall’inizio, quando danza nel video, sulle rive costeggiate da piccole rocce, dell’isola di Fårö, in Svezia, residenza del regista Ingmar Bergman che, in questi luoghi incantevoli, ha girato il film “Come in uno specchio”, scompigliata dalla brezza del vento, al tramonto, Rihoko cattura l’occhio e il cuore dello spettatore, con tutta la sua gestualità delicata, fluida e sinuosa. Danza libera, felice, mentre si nutre delle sensazioni che la natura regala, saltella come una bambina, spalanca il petto al vento, allunga le braccia al cielo sulla musica di Claude Debussy,”Préludes à l’Après-midi d’un Faune”; un assolo all’aria aperta che ricorda la californiana Isadora Duncan, antesignana della danza moderna, quando, a piedi scalzi, ballava agli inizi del Novecento, sulle spiagge, in balia del vento e delle spumeggianti onde. La protagonista, a un certo punto, con lo sguardo all’orizzonte esce dal video che s’interrompe ed entra nella scena, di spalle, cammina mentre osserva la bellezza di questa natura selvaggia, incontaminata. La danza cambia registro e diventa nevrotica, ossessiva accompagnata da una musica elettronica battente; Rihoko balla senza tregua, guidata da una sorgente interiore che affonda nel profondo, sprigiona un’energia primordiale attraverso movimenti intensi che rivelano tutta la drammaticità nel nostro vivere quotidiano, cadenzato da ritmi disumani. In She, la danza oscilla tra momenti di alta contemplazione, quasi mistica accompagnata da brani di musica classica e canti gregoriani dove la danzatrice giapponese, con lievi e impalpabili movimenti delle braccia e delle dita, sembra toccare dimensioni ultraterrene e altri, invece, più essenziali, di una gestualità “impazzita”. I tagli di luce perfetti, le figure geometriche proiettate sullo sfondo, la qualità musicale creano uno spettacolo di stupefacentete bellezza, sospeso tra avanguardia e lirismo. Siamo desiderosi di vedere la creatività di Rihoko, in veste di coreografa, nel prossimo lavoro, al momento ancora in gestazione, con i danzatori di Aterballetto e che debutterà nel 2019. Una nuova sfida e, questa volta, senza la collaborazione del suo pigmalione Teshigawara.