Adagio: la danza ascetica di Saburo Teshigawara e Rihoko Sato


Adagio: la danza ascetica di Saburo Teshigawara e Rihoko Sato
TMT Stagione 2022 Saburo Teshigawara, Rihoko Sato - Adagio © Hideto Maezawa

Adagio, il nuovo lavoro geniale e visionario del coreografo, regista, danzatore, scultore e disegnatore giapponese Saburo Teshigawara, Leone d’Oro alla Carriera, alla Biennale di Venezia 2022, presentato al Teatro Grande di Brescia e, l’altra sera, alla Triennale Milano, è un flusso inarrestabile, poetico di due corpi danzanti. Il maestro e la sua musa, l’allieva e compagna Rihoko Sato, in pantaloni e camice bianche echeggiano purezza, incontaminazione mentre si muovono in soli, ispirati da Adagi, inestimabili, del repertorio classico. Mahler, Beethoven, Bach, Mozart, Rachmaninov, Ravel entrano nell’universo fisico dei protagonisti attraverso una danza ascetica, protesa verso una dimensione spirituale  che si sviluppa nella fluidità dei movimenti, delineandone tutti gli afflati del corpo. Le mani che si muovono in un tremolio incontrottolabile, nel bellissimo solo di Saburo, sul concerto per pianoforte n.2 di Rachmaninov, dove il corpo, avvolto dalla potenza musicale, sa calibrarne l’impeto, con grande maestria, attraverso pause meditative di pura bellezza, attraverso luci calde e avvolgenti. Un danza che, a tratti, ricorda la lentezza dei movimenti del  Tai Chi, per reclamare una pausa meditativa al nostro vivere, invece, così vorticoso e caotico, in altri momenti, riecheggia le pose marionettistiche del burattino Petruška, titolo, tra l’altro riadattato, in forma di duetto, da Teshigawara e che ha debuttato, con successo, quest’estate, alla Biennale. Sato ha un suo stile femminile tratteggiato da movenze sinuose, estese, lo sguardo rivolto verso l’alto, alla ricerca di una dimensione trascendente. Il corpo che si allunga, palpita, rallenta, nel desiderio di percepire il proprio respiro, profondo, consapevole, nel bellissimo solo sulla musica del celebre lirico “Adagietto” della Quinta Sinfonia di Gustav Mahler. La coppia si sfiora appena, all’inizio, in un incontro fugace ma poi danza in solitudine, in una personale ricerca interiore che sfocia in movimenti evocativi, afflati di vita che però sanno accogliere anche l’idea della morte, tra struggente malinconia e gioiosa consapevolezza. Uno spettacolo da vedere, una sorta di preghiera danzante che proietta gli interpreti, con pacata armonia, verso l’ignoto e che lascia gli spettatori avvolti in qualcosa di più grande.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Adagio: la danza ascetica di Saburo Teshigawara e Rihoko Sato


Adagio: la danza ascetica di Saburo Teshigawara e Rihoko Sato
TMT Stagione 2022 Saburo Teshigawara, Rihoko Sato - Adagio © Hideto Maezawa

Adagio, il nuovo lavoro geniale e visionario del coreografo, regista, danzatore, scultore e disegnatore giapponese Saburo Teshigawara, Leone d’Oro alla Carriera, alla Biennale di Venezia 2022, presentato al Teatro Grande di Brescia e, l’altra sera, alla Triennale Milano, è un flusso inarrestabile, poetico di due corpi danzanti. Il maestro e la sua musa, l’allieva e compagna Rihoko Sato, in pantaloni e camice bianche echeggiano purezza, incontaminazione mentre si muovono in soli, ispirati da Adagi, inestimabili, del repertorio classico. Mahler, Beethoven, Bach, Mozart, Rachmaninov, Ravel entrano nell’universo fisico dei protagonisti attraverso una danza ascetica, protesa verso una dimensione spirituale  che si sviluppa nella fluidità dei movimenti, delineandone tutti gli afflati del corpo. Le mani che si muovono in un tremolio incontrottolabile, nel bellissimo solo di Saburo, sul concerto per pianoforte n.2 di Rachmaninov, dove il corpo, avvolto dalla potenza musicale, sa calibrarne l’impeto, con grande maestria, attraverso pause meditative di pura bellezza, attraverso luci calde e avvolgenti. Un danza che, a tratti, ricorda la lentezza dei movimenti del  Tai Chi, per reclamare una pausa meditativa al nostro vivere, invece, così vorticoso e caotico, in altri momenti, riecheggia le pose marionettistiche del burattino Petruška, titolo, tra l’altro riadattato, in forma di duetto, da Teshigawara e che ha debuttato, con successo, quest’estate, alla Biennale. Sato ha un suo stile femminile tratteggiato da movenze sinuose, estese, lo sguardo rivolto verso l’alto, alla ricerca di una dimensione trascendente. Il corpo che si allunga, palpita, rallenta, nel desiderio di percepire il proprio respiro, profondo, consapevole, nel bellissimo solo sulla musica del celebre lirico “Adagietto” della Quinta Sinfonia di Gustav Mahler. La coppia si sfiora appena, all’inizio, in un incontro fugace ma poi danza in solitudine, in una personale ricerca interiore che sfocia in movimenti evocativi, afflati di vita che però sanno accogliere anche l’idea della morte, tra struggente malinconia e gioiosa consapevolezza. Uno spettacolo da vedere, una sorta di preghiera danzante che proietta gli interpreti, con pacata armonia, verso l’ignoto e che lascia gli spettatori avvolti in qualcosa di più grande.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *