Applausi per le danze “maschili” di D’Agostin e Sciarroni a Fog


Applausi per le danze “maschili” di D’Agostin e Sciarroni a Fog
MARCO D'AGOSTIN - First Love foto di Alice Brazzit

Inizia con una busta,  consegnata in mano a ogni spettatore, da aprire appena seduti, lo spettacolo First Love (2018) di Marco D’Agostin, in scena a Milano ieri a  Fog Performing Arts Festival. Un lavoro scandito tra la cronaca della gara di sci di fondo alle Olimpiadi invernali del 2002  incentrata sulla straordinaria rimonta della campionessa Stefania Belmondo che, malgrado la rottura di un bastoncino, conquistò la Medaglia d’oro e la mimica danzata di questo sport, molto amato dal giovane coreografo veneto (1987) che, nel 2018, ha vinto il Premio Ubu come miglior performer under 35. “Che Bello”, “Che Bello”, “Che Bello” ripete alla fine dello spettacolo il danzatore, un inno alla vita, alla forza di volontà, alla capacità di rialzarsi dopo i momenti difficili, un monito perfetto per i nostri tempi dove a tutti è chiesto di ripartire, di rinascere, di vincere. La performance apre con D’Agostin, solo in scena, che canta le parole della canzone First Love mentre rievoca il suo primo amore per questa campionessa che conobbe bambino, al Passo Croce d’Aune, a Belluno, dopo una gara. Un ricordo immortalato in una foto che il coreografo regala al pubblico dentro la “misteriosa” busta.  Una performance delicata e originale dove sport e danza dialogano icon poesia.

ALESSANDRO SCIARRONI Save the last dance for me © Claudia Borgia, Chiara Bruschini3- Fog21

Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini, si sono esibiti invece in un vorticoso e impegnativo passo a due che ricorda le danze roteanti dei darvisci ma anche quelle dei pattinatori che, abbracciati scendono sulle ginocchia quasi a terra e girano. Il pezzo,  Save the last dance for me è una creazione del 2019 di Alessandro Sciarroni (Leone d’oro alla Carriera –Biennale di Venezia 2019) che riprende la polka chinata, un ballo popolare bolognese, per soli uomini, dei primi del Novecento quasi estinto, molto acrobatico e di grande effetto. La coppia per quasi venti minuti danza sul ritmo ripetitivo delle percussioni (musiche di Aurora Bauzé e Pere Jou) e, verso la fine, dopo un breve stacco, a ritmo di polka, si lascia andare a sorrisi gioiosi contaminando il pubblico che li ha festeggiati con calorosi applausi.

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MARCO D'AGOSTIN - First Love foto di Alice Brazzit

Inizia con una busta,  consegnata in mano a ogni spettatore, da aprire appena seduti, lo spettacolo First Love (2018) di Marco D’Agostin, in scena a Milano ieri a  Fog Performing Arts Festival. Un lavoro scandito tra la cronaca della gara di sci di fondo alle Olimpiadi invernali del 2002  incentrata sulla straordinaria rimonta della campionessa Stefania Belmondo che, malgrado la rottura di un bastoncino, conquistò la Medaglia d’oro e la mimica danzata di questo sport, molto amato dal giovane coreografo veneto (1987) che, nel 2018, ha vinto il Premio Ubu come miglior performer under 35. “Che Bello”, “Che Bello”, “Che Bello” ripete alla fine dello spettacolo il danzatore, un inno alla vita, alla forza di volontà, alla capacità di rialzarsi dopo i momenti difficili, un monito perfetto per i nostri tempi dove a tutti è chiesto di ripartire, di rinascere, di vincere. La performance apre con D’Agostin, solo in scena, che canta le parole della canzone First Love mentre rievoca il suo primo amore per questa campionessa che conobbe bambino, al Passo Croce d’Aune, a Belluno, dopo una gara. Un ricordo immortalato in una foto che il coreografo regala al pubblico dentro la “misteriosa” busta.  Una performance delicata e originale dove sport e danza dialogano icon poesia.

ALESSANDRO SCIARRONI Save the last dance for me © Claudia Borgia, Chiara Bruschini3- Fog21

Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini, si sono esibiti invece in un vorticoso e impegnativo passo a due che ricorda le danze roteanti dei darvisci ma anche quelle dei pattinatori che, abbracciati scendono sulle ginocchia quasi a terra e girano. Il pezzo,  Save the last dance for me è una creazione del 2019 di Alessandro Sciarroni (Leone d’oro alla Carriera –Biennale di Venezia 2019) che riprende la polka chinata, un ballo popolare bolognese, per soli uomini, dei primi del Novecento quasi estinto, molto acrobatico e di grande effetto. La coppia per quasi venti minuti danza sul ritmo ripetitivo delle percussioni (musiche di Aurora Bauzé e Pere Jou) e, verso la fine, dopo un breve stacco, a ritmo di polka, si lascia andare a sorrisi gioiosi contaminando il pubblico che li ha festeggiati con calorosi applausi.

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