“Confini Disumani”: un viaggio nella periferia dell’anima
La notte, quella del mare, colma di corpi in viaggio, doloranti, schiacciati, incerti, paurosi accompagnati dal crescendo musicale di canti e litanie popolari napoletane del compositore Enzo Avitabile, la cui poetica attinge a una sacralità intensa, drammatica, dal quartetto femminile pugliese Faraualla e del compositore francese, di origini marocchine, Armand Amar. Corpi che si toccano ognuno con dentro al petto dolori differenti, che invadono lo spazio, piccolo, limitante con una gestualità ampia, contratta, sospesa, supplicante, che ambisce di più ma che accetta il limite di un palcoscenico troppo piccolo, ma ospitale, quello del Teatro No’hma, l’accogliente spazio Teatro di Teresa Pomodoro in via Orcagna, a Milano, luogo di impegno per una cultura libera, gratuita. Stretti nello spazio come i migranti fuggiaschi sui barconi nelle avvolgenti luci di Roberto Colabufo, i costumi di un realismo veritiero di Franco Colamorea, la ristrettezza del palcoscenico diventa quasi una grazia creativa, la possibilità di una condivisione più autentica con il dolore di chi riesce a sopravvivere all’impossibile traversata, stipati all’inverosimile. Ispirato al testo di Erri De Luca, Solo andata (2005) lo spettacolo Confini Disumani (2020), in scena per due serate milanesi (il 5,6 marzo di nuovo al Teatro Bellini di Napoli) della giovane coreografa Roberta Ferrara con i sette bravissimi danzatori della sua compagnia, Equilibrio Dinamico, spalanca orizzonti di verità scomode, occultate da cuori congelati all’emergenza umana, attraverso una danza autentica, fluida e inarrestabile come la corrente del mare. Movimenti di gruppo che attingono al teatro danza di matrice bausciana, soli, duetti e terzetti su un repertorio poetico musicale che s’ispira alle litanie e canti del Sud in un crescendo catartico sfinente come la traversata del mare. Quel tamburellare delle dita sul viso, sulla testa, sul petto, le braccia che si spalancano verso il cielo come l’urlo di Edvard Munch, le gambe che mimano una specie di tarantella o si aprono in diagonale verso l’infinito, abbracci, baci , carezze per sopravvivere a un destino che non ha ancora un nome. Un viaggio accompagnato dalla stupenda preghiera musicale di un napoletano verace come Avitabile, direttore del Festival “Sacro Sud”, vincitore del premio Donatello per la migliore colonna sonora del film Indivisibili di De Angelis, con brani come Maronna Nera, Spiritis, Crucifixus, Stabat Mater ma anche le toccanti polifonie vocali a cappella del quartetto Faraualla. Una serata poetica e struggente, premiata dai calorosi applausi del pubblico accorso numeroso per condividere un po’ di quella <<pìetas>>che dovrebbe “mettere in moto” ognuno di noi.