Danza Romaeuropa Festival apre con l’assolo Desh di Akram Khan, un connubbio tra danza indiana e contemporaneo
S’appropria dello spazio con eleganza ed energia, in bilico tra realtà e culture differenti, attraverso uno stile che fonde l’antica danza indiana “kathak” con lo slancio del contemporaneo. In un solo “intimo ed epico”, di straordinaria bellezza, Desh(patria) che inaugura il Festival Roma Europa dal 26 al 28 settembre, al Teatro Argentina (ore 21), l’anglo-bengalese Akram Khan, 38 anni, piccolo e muscoloso, testa rasata, nato a Wimbledon, ripercorre con il corpo, la mente e il cuore, i racconti che i suoi genitori e nonni gli hanno trasmesso della sua terra d’origine, il Bangladesh. Un lavoro sul tema delle generazioni che si snoda in un percorso fisico e visuale creato ad hoc per lui dal designer cinese Tim Yip (premio Oscar per La tigre e il dragone)sulle musiche di Jocelyn Pook . <<E’ stato Tim Yip- afferma Khan con disarmante umiltà- che mi ha suggerito di creare questo solo sul tema della patria>>. Le suggestioni di Desh sono molte: Khan apre la scena con un’ascia in mano che scaglia contro una pedana di metallo, una sorta di bara, prima che le immagini scorrano veloci mentre lui salta per evitare macchine, biciclette, animali e persone. Fiumi, alberi, uccelli, perfino un elefante si materializzano attraverso disegni che sembrano incisi a mano su delle tele proiettate sulla scena e illuminate dalle magiche luci di Michael Hulls. Ospite su invito del regista Danny Boyle, con i suoi danzatori (in scena anche un bambino), all’inaugurazione delle Olimpiadi di Londra con una breve performance, Khan ha mostrato all’intero globo il suo stile caldo, meditativo, teatrale. Da tempo nessuno dubita del suo carisma che ha affascinato anche due star francesi: l’étoile Sylvie Guillem e l’attrice Juliette Binoche, che hanno duettato con lui a passi di danza a Roma, nel 2006 e nel 2008 e il regista Peter Brook che l’ha voluto, ancora adolescente, a recitare nel suo Mahabharata. L’abbiamo raggiunto al telefono a Londra durante le olimpiadi.
Khan, cos’ha provato a ballare di fronte a milioni di persone di tutto il mondo?
<<All’inizio ero spaventato, ma poi quando siamo entrati tra il pubblico c’è stata una sensazione di pace e ho vissuto un’ esperienza straordinaria>>.
Perché, dopo dodici anni dalla fondazione della sua compagnia, ha deciso di andare in scena solo con Desh?
<< Era da almeno sei anni che pensavo di ballare da solo, ma non avevo mai trovato il coraggio di farlo; per me è stata una grande sfida, perché ho affrontato, per la prima volta, il palcoscenico con una coreografia contemporanea>>.
Lei rappresenta la condizione della seconda generazione d’immigranti; che equilibrio ha trovato tra la cultura indiana dei suoi genitori e i nuovi valori occidentali?
<<È stato molto difficile accettare le mie origini, soprattutto nell’età dell’adolescenza, perché volevo trovare la mia strada, il mio modo di vivere e mi ribellavo alla cultura di mio padre. Credo che i principi in ogni cultura hanno bisogno di evolversi anche se, in entrambe queste culture, sento la mancanza di alcuni valori importanti>>.
Per esempio?
<<In quella dei miei genitori è assente un po’ la libertà invece, nella cultura occidentale, manca la spiritualità>>.
Nelle proiezioni dello spettacolo ci sono molti riferimenti alla natura ma anche alla vita frenetica della città; come concilia questi due aspetti nella sua vita?
<<Per fortuna vivo in un’area molto verde, a Wimbledon e non nel centro di Londra perché altrimenti il mio contatto con la natura sarebbe solo al supermarket, nel reparto della frutta e verdura impacchettate>>.
Nuovi progetti?
<<Lo spettacolo Itmoi (in the mind of igor), ispirato a Stravinskij, che debutterà la prossima primavera>>.
Un sogno particolare che vorrebbe realizzare?
<<Girare un film del mio solo Desh>>.
E’ un appassionato di cinema?
<<Sì, guardo molti film, tra i miei registi preferiti ci sono Federico Fellini, Hirokazu Koreeda, l’indiano Ray Satyajit, Peter Greenaway>>.
Cosa sta leggendo?
<<Un libro sulla creazione, del designer inglese Thomas Heatherwick>>.
(Pubblicato in La Repubblica delle Donne 15/09/2012)