Debutta la Sagra “disciplinata” di Roberta Ferrara
“Nel mio ridisegno di Sagra la comunità si fa adorazione collettiva. Il sacrificio diventa scelta comune di ideali e la morte non è corpo che si accascia al pavimento ma, piuttosto, un metaforico volo verso un oltre celato, onirico. Un passaggio che nessuno di noi conosce ma che, per tutta la vita, tentiamo di allenarci per farci trovare pronti. In che modo? Facendoci trovare risolti, privi di rimorsi e compiuti. Pronti. Mi sono accostata a Stravinskij con disciplina. Stravinskij mi ha richiesto attenzione, calcolo matematico e una caccia all’armonia. Cercarla è stata una sfida che mi ha condotto alla sua conclusione sulla musica e sull’arte: «Per sua natura la musica non può spiegare niente: né delle emozioni, né dei punti di vista, né dei sentimenti, né dei fenomeni della natura. Essa non spiega che se stessa». (I. Stravinskij)”. Così Roberta Ferrara, l’interessante coreografa e pedagoga di Lecco, classe 1988 (leggi mia recensione di “Confini Disumani“), racconta la sua “Sagra“, nuova creazione per la sua compagnia, Equilibrio Dinamico Dance Company, che debutta, in prima assoluta, il 23 (ore 19) e 24 marzo (ore 17), al TPE Teatro Astra di Torino, nell’ambito di Palcoscenico Danza 2024. Introduce la serata la giornalista e critica Valeria Crippa. Coprodotta con ArtGarage e ResextEnsa/Porta D’oriente Centro Nazionale di Produzione della Danza, con il supporto del Ministero della Cultura, del Teatro Pubblico Pugliese e del Comune di Bari, lo spettacolo è andato in scena, in anteprima, nel gennaio 2024, al Teatro Piccini di Bari. Il rituale del ritorno di Roberta Ferrara si apre alla collaborazione con Pompea Santoro, già danzatrice della compagnia svedese di Mats Ek, nel ruolo di dramaturg e a quella con il compositore Benedetto Boccuzzi che, con la musica elettronica, attraversa la partitura stravinskiana commentandola e trasponendola in un nuovo spazio aumentato e multidimensionale. Dalla collaborazione con Santoro è nato anche il secondo pezzo della serata, Intimate Wonder, del coreografo Paolo Mohovich, su musica di Johann Johannsson: “un quadro astratto ispirato alle emozioni rinchiuse, duetti di energia vibrante ed intensa tuttavia trattenuta, momenti di apparente armonia pronta a cedere alle tensioni in contrapposizione ad un coro che sembra dettare un giusto percorso in cui far fluire le emozioni stesse. I nostri due noi in continua lotta fra loro. La meraviglia di cui saremmo capaci … che non viene mai liberata”.